Quattro giorni di assoluto silenzio
Monologo con una scenografia scarna, due lenzuoli neri ed uno bianco, su cui vengono proiettate delle ombre cinesi.
L’attore racconta le vite, straordinariamente normali, di quattro giovani: gli innamoramenti, la passione per lo sport, le difficoltà scolastiche. Ogni personaggio viene identificato con un oggetto: uno zaino, il casco, un megafono, un pallone.
Il racconto è vivace, anche divertente, realistico, tanto che par di vederli questi ragazzi, son quelli che incontriamo tutti i giorni, magari davanti al bar o seduti sull’unica panchina del paese a parlare per ore di chissà chi e di chissà che cosa, li vedi… e poi, all’improvviso il nulla, il vuoto: quello che c’era non c’è più, sacrificato sull’altare del Dio-automobile.
L’intento dichiarato è di emozionare poiché solo attraverso un coinvolgimento emotivo si può condurre ad una riflessione consapevole; non mira cioè solo a sferrare un pugno nello stomaco, ma pretende di innescare una riflessione prima ed un comportamento adeguato poi, nella speranza di recuperare l’essenza della vita e la consapevolezza dell’esistenza di una scala dei valori.
Nella seconda parte dello spettacolo infatti vengono illustrati dati statistici e stigmatizzati comportamenti, sottolineando come solo dalla responsabilità personale e dal conseguente impegno si può iniziare un percorso per la risoluzione del problema.